Produzione di Canapa: facciamo il punto

Produzione di Canapa: facciamo il punto

Di recente si è ricominciato a parlare di produzione di Canapa ad uso “industriale”, terapeutico e ricreativo. Alcune novità sono state varate ma per non dare false speranze è il caso di fare il punto della situazione.

Al di là del dato storico (la Canapa in pianura padana è stata coltivata per decenni) e delle svariate possibilità dell’utilizzo della Canapa (molte informazioni potete trovarle in rete – tra gli altri in questo sito)

è opportuno fare un pò il punto della situazione, anche per esperienza diretta (in fattoria abbiamo coltivato 5000 mq di canapa da fibra nel 2012).

Innanzitutto l’ultimo atto varato riguarda la depenalizzazione per la coltivazione di Canapa Sativa ad uso farmaceutico per le aziende che sono autorizzate alla coltivazione di canapa con alto contenuto di CBD (che in via generale corrisponde ad un “alto” contenuto di THC).

In questo momento l’unico autorizzato a tale coltivazione è lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM). Tale progetto sperimentale affidato al ministero della difesa alla fine del 2014 dovrebbe, tra le altre cose, produrre indicazioni generali sui requisiti, condizioni e garanzie per ottenere l’autorizzazione alla coltivazione e alla fabbricazione di medicinali a base di cannabis.
Nulla quindi di quanto varato, per ora, riguarda i comuni mortali (aziende agricole che potrebbero trarre benefici economici dalla coltivazione della Canapa) nè tanto meno riguarda i singoli che per scopi ricreativi vorrebbero coltivarsela.

Sotto il profilo puramente agricolo nella diffusione della coltivazione della Canapa rimangono invariate le difficoltà di meccanizzazione della raccolta e della trasformazione del prodotto, elementi strettamente collegati, per la riuscita della diffusione della coltivazione in ambito agricolo con utilizzo industriale o alimentare.

La raccolta meccanizzata infatti risulta ad oggi estremamente complicata dalle stesse qualità che poi rendono la Canapa una cultura polifunzionale. La resistenza della fibra infatti blocca le trebbie normalmente utilizzate per il mais o per il frumento. Se a questo si aggiunge la distanza dai centri di lavorazione della fibra si capisce che la coltura in questo momento risulta poco interessante sotto il profilo economico.

Per quanto riguarda i semi, da utilizzare in ambito alimentare (umano ed animale), le difficoltà riguardano l’altezza dell’inflorescenza.
La grande perdita/disperione di semi durante il raccolto, più che veri propri problemi meccanici, fa pensare che anche questa specializzazione di produzione, in questo momento, sia poco appetibile sul piano economico.

Quindi una pianta sicuramente interessante sotto il profilo agricolo che però necessità di elementi innovativi
– sul piano agromeccanico
– sulla nascita di nuove strutture di trasformazione
– o sulla possibilità di rendere reddituale, in maniera diretta o indiretta, anche la coltivazione non meccanizzata in piccoli appezzamenti.

Voi che ne pensate?

Al prossimo post!